Oggi non faremo una recensione, ma andremo a spiegare
le differenze che ci sono tra i vari #tappi che i produttori utilizzano per chiudere i loro #vini .
I tappi del vino – come sono fatti? Quanti ne esistono? scopritelo con noi.
Link YouTube: https://youtu.be/DYEDNRsvPS0
Ecco il testo del nostro tutorial:
Benvenuti in un nuovo video di Wine & food rec. Oggi non faremo una recensione, ma andremo a spiegare le differenze che ci sono tra i vari tappi che i produttori utilizzano per chiudere i loro vini. Sappiamo infatti che in commercio ne esistono molte varietà, ma quali sono i più pregiati? Quali i più indicati per l’invecchiamento dei vini e quali invece i più comodi per i normali vini da tavola? Vediamo tutte le caratteristiche nel nostro video!
Partiamo quindi parlando dei 2 tappi meno pregiati: il tappo sintetico e il tappo con capsula a vite, sistemi che solitamente vengono utilizzati per i vini da tavola o comunque di pronta beva, normalmente più economici, anche se ultimamente all’estero alcuni produttori hanno scelto di utilizzare tappi a vite per prodotti di alta qualità. Il tappo sintetico è normalmente fatto di polietilene e rivestito da uno strato siliconico, mentre quello a vite è generalmente prodotto in materiale metallico. Il vantaggio di questi tipi di chiusura moderna è che nel breve termine garantiscono una buona tenuta, ed inoltre, ovviamente, annullano la possibilità di sviluppare muffe o di rilascio di composti indesiderati come, ad esempio, la TCA, cioè tricloroanisolo, composti che danno al vino il famoso “sentore di tappo”, particolarmente sgradevole al naso. Purtroppo a lungo termine, soprattutto in vini destinati all’invecchiamento, non sono molto indicati perchè ne ostacolerebbero i naturali processi di evoluzione.
Passiamo adesso ai tappi adatti per vini di fascia media: questi sono normalmente di 2 tipi: i tappi in
agglomerato, e i cosiddetti tappi tecnici. Anche queste sono soluzioni relativamente moderne, ma che
permettono una notevole riduzione dei costi pur garantendo una buona tenuta. I tappi agglomerati sono creati a partire da trucioli di sughero compressi e legati tra loro tramite degli appostiti collanti. Sono diffusissimi sia tra vini bianchi, sia tra alcuni vini rossi, ma sempre di fascia media, purchè non richiedano un lungo periodo di affinamento in bottiglia. Il vantaggio di questo tipo di chiusura è che, essendo costituiti in gran parte da pezzi di sughero, viene garantito il contatto con un materiale naturale ed il tappo risulta molto elastico e ben aderente al collo della bottiglia. Inoltre le parti di sughero sminuzzate possono essere più facilmente sottoposte a trattamenti di eliminazione dei composti responsabili del “sentore di tappo” di cui abbiamo già parlato in precedenza. Il tappo tecnico è invece formato da un corpo centrale in agglomerato e le dalle due estremità costituite da dischetti in sughero monopezzo. Questo tappo garantisce caratteristiche migliori, ma non eccessivamente differenti rispetto a quelle dell’aglomerato precedentemente citato.
Per quanto riguarda la conservazione dei vini fermi, parliamo del più classico sughero monopezzo. Questo è destinato a vini sia bianchi che rossi, ma in particolar modo ai vini rossi più pregiati o che sicuramente richiedono un periodo di affinamento in bottiglia. Questo sistema di chiusura viene realizzato direttamente da fasci unici di sughero che hanno subìto un periodo di maturazione controllata, cioè vengono lasciati esposti agli agenti atmosferici in maniera controllata in modo da poter garantire l’ottenimento di un materiale di grande qualità. Infatti, proprio per questo, il tappo che si viene a creare ha un costo maggiorerispetto ai precedenti. La particolare struttura interna del sughero permette una buona microossigenazione al liquido, garantendo così un’evoluzione organoletticha perfetta. In questo modo viene anche diminuita la possibilità di avere il cosiddetto “sentore di ridotto” del vino, cioè di quel processo che porta il vino ad assumere odori sgradevoli di verdura cotta e/o uova marce.
Infine parliamo rapidamente dei tappi da spumante, quelli che hanno la classica forma “a fungo”; questi tappi sono di norma in materiale agglomerato con uno spesso strato di sughero nella parte più bassa, oppure, più raramente, per alcuni vini frizzanti, in solo agglomerato. I tappi da spumante, contrariamente a quanto si possa credere, non hanno in origine la loro particolare forma, ma sono inizialmente cilindrici e vengono inseriti nella bottiglia con un particolare procedimento che ne riduce temporaneamente il diametro per permettere l’ingresso nel collo della bottiglia. Una volta inseriti, viene applicata la classica gabbietta metallica. In questo modo, i tappi possono reggere le pressioni molto alte che si sviluppano in questo tipo di vini.
A cura di Giuseppe Rodolico
Giuseppe Rodolico consulente enologo e food manager, export e import manager. Contatti winefoodrec@gmail.com
Il Lambrusco che abbiamo scelto è prodotto dalla cantina Medici Ermete, ed è il Lambrusco rosso secco “Arte e Concerto”. La bottiglia è una classica Champagnotta, che presenta solo una piccola etichetta molto essenziale e un bollino con l’indicazione dell’anno di vendemmia. Unica nota leggermente negativa è la capsula, forse un po’ troppo delicata al tatto.
Al momento dell’apertura, la capsula tende un po’ a sfaldarsi. Subito sotto, dopo aver sfilato la gabbietta metallica, troviamo un tappo classico da spumante, di tipo agglomerato. Il tappo è di facile apertura pur avendo una buona aderenza, e ha dunque conservato correttamente il prodotto preservandone anche la frizzantezza.
A livello visivo, all’interno del calice, si sprigiona immediatamente la frizzantezza, comunque non eccessiva nè fastidiosa. Subito dopo, spicca una colorazione brillante, un rosso rubino vivo tendente al violaceo tipico dei vini giovani. Il colore è particolarmente intenso, e anche controluce non risulta molto trasparente. Buona la viscosità.
Al naso, l’intensità aromatica è elevata con una buona varietà di profumi. Nello specifico, dopo aver lasciato ossigenare il vino per qualche secondo, si percepiscono aromi prevalentemente fruttati, nello specifico frutti rossi come lamponi, more e soprattutto fragola ma a tratti anche lievi note di frutta esotica come la banana.
In bocca questo lambrusco è molto gradevole. Pur essendo definito un vino secco, dà una sensazione piuttosto dolce al palato. Ritroviamo anche al gusto i sentori fruttati, in particolare di fragola e frutti rossi che rimangono anche dopo la deglutizione con una buona persistenza e l’anidride carbonica non risulta fastidiosa; la gradazione alcolica non è elevata. Per le sue caratteristiche, è un vino che non è adatto all’invecchiamento in bottiglia.
Giuseppe Rodolico consulente enologo e food manager, export e import manager. Contatti winefoodrec@gmail.com
Ingresso del primo supermercato sotto la sede di Amazon (fonte www.amazon.com).
“Amazon, lavorando su diversi formati di negozi di alimentari, potrebbe aprire più di 2.000 sedi”. Questo è il titolo che il The Wall Street Journal dedica il 5 dicembre 2016 al colosso dello shop on-line Amazon. Infatti proprio a fine 2016 l’azienda americana a presentato a Seattle lungo la 7°Strada, il suo primo negozio di generi alimentari di piccolo formato, ciò con la denominazione “Amazon Go”.
Ciò nasce per un target di utenti che rimane legato a uno shopping più reale e tradizionale, ma con un’impronta notevolmente futuristica.17 Dopo questa sperimentazione, il sistema automatizzato di questo primo punto vendita è stato talmente perfezionato che negli ultimi due anni Amazon Go ha aperto altre tre sedi, di cui altri due a Seattle, città natale dell’azienda e a settembre del 2018 a New York.
Nello specifico il sistema prevede all’interno del supermercato un circuito chiuso di occhi elettronici; essi sono centinaia e utilizzano sia telecamere convenzionali che più evolute ad alta definizione. Le immagini raccolte vengono inviate in tempo reale a un elaboratore con un software di riconoscimento, basato sull’intelligenza artificiale, che è in grado di distinguere le diverse persone presenti nel negozio e osservare che cosa prelevano dagli espositori. Ogni articolo ha una posizione ben definita che il sistema elettronico può tracciare con estrema precisione. Gli scaffali sono inoltre dotati di sensori di peso integrati con tutto il sistema che riescono a determinare senza errori che cosa viene prelevato.
Immagine che raffigura la scansione del qr-code permessa grazie all’app Amazon go, che abilita il cliente ad accedere nello store. (fonte www.amazon.com)
Prima di entrare in uno di questi punti vendita è necessario creare un account Amazon e scaricare l’app gratuita di Amazon Go su iPhone o su un telefono Android di nuova generazione. L’app Amazon Go è disponibile su Apple App Store, Google Play e Amazon Appstore.
All’ingresso, è necessario avviare l’app per entrare nel negozio; quindi una volta eseguito l’accesso, l’utilizzo del telefono non è più necessario perché entra in gioco il sistema “Just Walk Out” che permette di acquistare come in un qualsiasi negozio.
In realtà all’interno di questi supermercati vi sono comunque degli operatori: un team di collaboratori che lavora sia in cucina che nel negozio per preparare gli ingredienti, sistemare il cibo pronto, rifornire gli scaffali e aiutare i clienti in caso di raccomandazioni su alcuni prodotti o semplicemente per ottenere un aiuto.
Infatti la stessa azienda di Seattle dichiara che all’interno di questi store “offriamo deliziosi piatti pronti per colazione, pranzo, cena e spuntini preparati dai nostri chef e servizio panetteria. La nostra selezione di generi alimentari va dalle farine come pane e latte ai formaggi artigianali e cioccolatini di produzione locale. Per una cena veloce fatta in casa, prendi uno dei nostri kit “pasto amazon” creati dallo chef, con tutti gli ingredienti necessari per preparare un pasto per due in circa 30 minuti”.
Immagine che raffigura un operatore del punto vendita che rifornisce gli scaffali di prodotti appena preparati dallo chef. (fonte www.amazon.com)
Quindi la tecnologia messa a disposizione è la stessa che caratterizza le auto a guida autonoma dotate di visione artificiale, fusione dei sensori e apprendimento profondo. La tecnologia “Just Walk Out” rileva automaticamente quando i prodotti vengono prelevati o restituiti agli scaffali e tiene traccia di essi in un carrello virtuale. Al termine dello shopping, il cliente può lasciare il negozio. Poco dopo, il sistema effettua automaticamente la transazione sulla carta di credito (non prepagata) associata all’account Amazon, inviando infine la ricevuta che è stata addebitata per gli acquisti effettuati.
A cura di Giuseppe Rodolico
Giuseppe Rodolico consulente enologo e food manager, export e import manager. Contatti winefoodrec@gmail.com
Progettato dal direttore del MIT Senseable City Lab Carlo Ratti e realizzato da Coop, il “Supermercato del Futuro” è il luogo dedicato a rappresentare l’affiancamento delle nuove tecnologie al concetto di filiera alimentare etica e trasparente. Il negozio della Coop a inizio dicembre 2016, ha aperto i battenti a Milano presso il Bicocca Village su un’area di circa 800 metri quadri in cui trovano posto 6mila prodotti e un centinaio fra postazioni interattive e totem touchscreen.
Ingresso del supermercato del futuro Coop a Milano. (fonte www.e-coop.it)
La struttura, come ha confermato in occasione del suo battesimo ufficiale Marco Pedroni, presidente di Coop Italia, è costata fra i quattro e i cinque milioni di euro e vedrà occupati una dozzina di addetti. L’obiettivo dichiarato è quello di portare in negozio circa 2mila persone ogni giorno, sfruttando il richiamo di una delle aree di intrattenimento più frequentate del capoluogo lombardo.
Coop infatti vuole essere una sorta di “strumento avanzato” di relazione con il consumatore, e in questa relazione la tecnologia gioca ovviamente un ruolo fondamentale.15 L’innovazione tecnologica è ovviamente il cuore pulsante del Supermercato del Futuro, che offre nuove modalità di interazione del visitatore con il cibo, realizzate e curate da Accenture e Avanade. Insieme alle due aziende, Intel ha collaborato per implementare nuove soluzioni capaci di rendere più funzionale ed efficace l’esperienza d’acquisto, grazie a tecnologie come Intel® Digital Signage, che arricchiscono l’esperienza d’acquisto fisica, con caratteristiche delle piattaforme online. Infatti, le persone all’interno del Supermercato si muovono fra luminosi banchi di frutta e verdura, con schermi a LED che mostrano informazioni sugli alimenti con cui i clienti stanno interagendo in quel momento.
Immagine dell’interno del supermercato Coop per garantire il massimo confort e aiuto al consumatore tramite schermi interattivi (fonte www.e-coop.it).
Prendere in mano un frutto e ricevere immediatamente informazioni sulla sua provenienza, sulla filiera, sulle caratteristiche nutritive è un’esperienza che va oltre la semplice spettacolarità, ma è anche un nuovo modo funzionale per poter ottenere informazioni rapide ed accurate sul cibo, prima di metterlo nel carrello della spesa, un po’ come avviene sulle piattaforme digitali degli e-commerce.
I clienti del supermercato possono muoversi fra gli scaffali, avvicinarsi ad una bottiglia d’olio d’oliva e vedere apparire sul display – con sensori Microsoft Kinect e collegato ad un mini-PC – informazioni aggiuntive riguardanti quel prodotto. Il tutto a vantaggio della funzionalità, della rapidità e della trasparenza. I prodotti, ad esempio, sono dotati di etichette “aumentate”, ovvero capaci di ospitare una quantità di informazioni superiori alla norma, grazie alla tecnologia utilizzata. Le informazioni, la chiarezza, l’esaustività non sono più costretti entro i limiti spaziali fisici di una semplice e limitata etichetta.
Reparto frutta e verdura del supermercato con schermi interattivi (fonte www.e-coop.it).
Le nuove possibilità offerte dal Supermercato del Futuro, inoltre, incontrano pienamente le nuove esigenze dei consumatori a cui corrisponde un cambiamento dei comportamenti d’acquisto. Ad esempio, l’utilizzo sempre maggiore dei dispositivi mobili ha abituato i clienti a disponibilità maggiori di informazioni sui prodotti in tempo reale. Capita sempre più di frequente di incrociare persone nei corridoi di un supermercato assorti nella lettura del proprio smartphone o del tablet, cercando dettagli sui prodotti, ricette, comparando informazioni su forum e siti online. Il supermercato Coop valorizza questo aspetto, offrendo una quantità maggiore di informazioni per un’esperienza d’acquisto superiore, in cui la scelta del prodotto alimentare trova tutto il tempo che merita.
A cura di Giuseppe Rodolico
Giuseppe Rodolico consulente enologo e food manager, export e import manager. Contatti winefoodrec@gmail.com
Il supermercato tende ad allontanarsi sempre più dagli schemi iniziali. Infatti determinate attrezzature, canoni estetici e pratici negli anni sono stati rimpiazzati da attrezzature sempre più evolute che possano assecondare l’evoluzione socio-economica della popolazione. Cronologicamente tutto ebbe origine dagli scaffali murali, appoggiati contro una parete e che permettessero l’accesso della clientela da un lato solo; in questo modo venne sfruttato il concetto base della libreria che presenta ripiani sovrapposti e altezze non superiori a 1,70metri. In seguito si ebbe una seconda evoluzione, cioè l’introduzione di scaffali denominati “gondole”. La caratteristica principale di questi espositori era data dall’unione dorsale di due scaffali, essendo più funzionali dei precedenti e dando così la possibilità di originare corridoi aggiuntivi, lungo i quali poteva affluire e defluire la clientela in numero maggiore. Inoltre la quantità dei prodotti ospitati per spazio a disposizione permetteva un notevole incremento; successivamente le gondole hanno subito moltissime variazioni estetiche, cambiando spesso i materiali per la realizzazione.
Il carrello è lo strumento per eccellenza per garantire al cliente un comodo acquisto,ma anche aumentare notevolmente il quantitativo di alimenti e non alimenti comprati in una unica spesa. Come abbiamo già visto inprecedenza, il carrello fu introdotto dal 1916; anch’esso ha subito non poche evoluzioni negli anni, sia nel design sia nell’utilizzo dei materiali di fabbricazione.
Le “isole” sono attrezzature di vendita di forma e impiego svariatissimo. Caratterizzate da piccole dimensioni e dalla possibilità di stare in piedi da sole, sono ideali per esporre alla rinfusa prodotti sui quali si vuole richiamare l’attenzione.
I banchi frigo sono indispensabili per il supermercato; in Italia ad esempio hanno permesso l’introduzione del reparto gastronomia nel supermercato “Esselunga” nel 1974, ma hanno dato anche la possibilità di poter mettere a disposizione dei clienti alimenti freschi tutti i giorni. Ovviamente i costi sostenuti dai punti vendita, soprattutto nei primi anni dalla loro comparsa, erano notevoli, non solo per l’acquisto ma anche per la loro manutenzione. Le caratteristiche di questi banchi frigo possono variare in base alla tipologia di prodotto ospitato.
Le casse d’uscita sono attrezzature composite, risultanti dall’inserimento del registro di cassa. Le versioni più rudimentali consistevano in un vero e proprio mobile a forma di elle rovesciata: il lato più corto, tutt’oggi, ospita il registro di cassa dietro al quale siede l’operatore, mentre il lato più lungo della struttura costituisce il piano di scarico su cui vengono depositati e imballati i prodotti acquistati. In media le misure della cassa sono di 1 metro di larghezza per 1,60metri di lunghezza. Ovviamente anche questa strumentazione ha subito notevoli trasformazioni negli anni, diventando un vero e proprio calcolatore elettronico, capace di gestire e incamerare una quantità enorme di dati durante il suo utilizzo. Negli ultimi anni in molte catene della GDO sono state inserite anche casse di tipo self-service, con software facilitati che permettono al comune frequentatore del supermercato di poter concludere l’acquisto dei prodotti in completa autonomia.
a cura di Giuseppe Rodolico
Giuseppe Rodolico consulente enologo e food manager, export e import manager. Contatti winefoodrec@gmail.com
Oggi abbiamo degustato un #vinobianco ottenuto da uve di #Falanghina, vitigno tipico della #campania. L’azienda produttrice è Mastroberardino. Ricordate di iscrivervi al nostro canale YouTube per non perdere nessuno dei nostri video. Link produttore: http://www.mastroberardino.com/
Testo recensione:
Il vino scelto oggi è prodotto da Mastroberardino in Irpìnia. La bottiglia e l’etichetta si presentano con un design semplice, non particolarmente ricercato, ma il nome del vitigno e della cantina sono messi bene in evidenza.
Interessante la presenza del codice QR sull’etichetta posteriore, con il quale è possibile accedere tramite qualsiasi smartphone ad ulteriori informazioni. Con una semplice scansione infatti, l’applicazione aprirà automaticamente una scheda descrittiva sul sito del produttore, di navigazione facile e intuitiva.
Il tappo è di tipo agglomerato, a grana decisamente fine. Questo sistema di chiusura ha protetto egregiamente il prodotto, senza portare alla formazione di muffe o a fuoriuscite di liquido di qualsiasi tipo. L’apertura è stata facile, senza bisogno di sforzo.
Analizzando questo vino bianco, con un movimento di rotazione del calice, già alla vista si apprezza una notevole densità. Il colore è un giallo paglierino un po’ scarico, con riflessi verdognoli. Mettendo il vino controluce, si nota un’ottima limpidezza e un’elevata trasparenza, segno che non ci sono problemi nè di stabilità, nè di rifermentazioni.
Olfattivamente, le sensazioni che colpiscono di più sono gli aromi di agrumi, in particolare pompelmo. Subito dopo possiamo apprezzare note di frutta esotica, come il mango, e in misura molto minore si percepisce anche un sentore floreale. L’intensità aromatica è comunque piuttosto alta, specialmente se si considera che si tratta di un bianco.
Al gusto, subito notiamo una grande freschezza e una buona mineralità. Il vino colpisce per l’ottima viscosità, che avvolge il palato in modo piacevole. La persistenza si fa sentire a lungo in bocca. Dopo la deglutizione si percepisce un po’ di asprezza e di amaro, sensazioni comunque gradevoli e bilanciate.
a cura di G. Rodolico e G. Matrone
Giuseppe Rodolico consulente enologo e food manager, export e import manager. Contatti winefoodrec@gmail.com
In Italia l’unico tentativo di definire i supermercati è rintracciabile nella pubblicazione citata dal “ Ministero dell’Industria”, nella quale lo indica come “un esercizio di vendita al dettaglio operante nel campo alimentare (autonomo o reparto di grande magazzino) organizzato prevalentemente a libero servizio e con pagamento all’uscita, che dispone di una superficie di vendita superiore a 400 mq e di un vasto assortimento di prodotti di largo consumo ed in massima parte preconfezionati nonché, eventualmente, di articoli non alimentari di uso domestico corrente. Questa tipologia di punto vendita ha una collocazione urbana e dispone, solitamente, di un esiguo parcheggio”.
La data fondamentale per la nascita dei supermercati in Italia fu il 27 novembre 1957 in viale Regina Giovanna a Milano, dove venne inaugurato il primo supermercato con l’insegna “Supermarket”. L’estensione di questo primo negozio era di 500metri quadrati destinati alla vendita, che non prevedeva posti auto. Tutto ciò ad opera della società italiana “Supermarkets Italia S.P.A.” nata il 13 aprile 1957, composta da svariati soci, dove il 51% della quota societaria era detenuta da Nelson Rockefeller, quota che poi nel 1961 fu acquistata da Bernardo Caprotti, che già deteneva una percentuale della società. L’incontro tra Guido Caprotti e il magnate americano, avvenne quasi per caso alla fine del 1956; all’epoca Rockefeller era alla guida della “The International Basic Economy Corporation(IBEC)”, una finanziaria che si occupava di allocazione di capitali nei paesi in via di sviluppo, con intenti che cercavano di conciliare il capitalismo con la filantropia.
Foto del 1957 che raffigura il primo supermercato che fu inaugurato in Italia
L’insegna del grande negozio “Supermarket” venne disegnata da Max Huber, grafico e artista svizzero, che inventa il logo per il nuovo supermercato. La “Esse”, che corre sopra le altre lettere, è in grande evidenza, quasi invadente, altissima, a sovrastare il resto della parola. La “Esse” iniziale battezzerà il nome della società, che sarà chiamata “Esselunga” e avrà un successo enorme grazie all’assortimento, ai prezzi più competitivi, alla standardizzazione, all’integrazione verticale fra produzione e vendite, e perfino al piacere più sottile nel fare la spesa.
A cura di Giuseppe Rodolico
Giuseppe Rodolico consulente enologo e food manager, export e import manager. Contatti winefoodrec@gmail.com
Logo di King Kullen, con la specifica dicitura “American’s First Supermarket” riconosciuto dallo Smithsonian Institute e Super Market Institute come il Primo Supermercato Americano. (fonte www.kingkullen.com)
Nel 1929 ci fu il periodo del crack finanziario americano ed è proprio in questo periodo di profonda crisi che emerge la figura del signor Michael J. Cullen. Nato da genitori immigrati nel 1884, Michael J. Cullen apprese il mestiere del commercio al dettaglio nelle sue prime esperienze lavorative. In quello specifico anno il futuro imprenditore era capo filiare della fiorentissima “Kroger Grocery&Baking Co.” .
Dotato di un grande talento per il marketing, Cullen era un ottimo osservatore delle situazioni socio-economiche che stavano attraversando il suo paese; queste lo portarono a sviluppare nuovi concetti, come quello del “commercio di massa”, cioè vendere grandi volumi di merce a prezzi ridotti. In relazione all’elaborazione di questi concetti, egli scrisse una lettera al presidente della “Kroger”, descrivendogli le sue idee, che avrebbero potuto rivoluzionare l’industria del commercio al dettaglio. Esso proponeva la radicale trasformazione degli esistenti punti vendita e l’adozione di una rivoluzionaria politica di “approach” al consumatore. In dettaglio, proponeva di offrire nei negozi: 300 articoli al puro prezzo di costo, 200 articoli con un ricarico del 5% sul prezzo di costo, 300 articoli con un ricarico del 15% e 300 articoli con un ricarico del 20%. Il direttore della “Kroger” reputò assurde le sue proposte rifiutando persino di incontrare Cullen. Imperterrito e sicuro delle proprie capacità, lasciò il suo lavoro e si trasferì con la famiglia a Long Island. Fu nel Queens che Cullen affittò un garage vuoto sulla Jamaica, ad un paio di quartieri da un trafficato distretto commerciale. Il 4 agosto del 1930 aprì le porte del suo primo supermercato, il “King Kullen Grocery Company”.
Una vecchia immagine del primo store. (fonte www.kingkullen.com)
Egli sbaragliò la concorrenza e gettò i primi semi della rivoluzione commerciale. Infatti le persone arrivavano da chilometri di distanza pur di andare a comprare gli articoli messi in vendita nel suo supermercato.
Il successo è giustificato dall’introduzione di nuove tecniche commerciali che riguardavano il “loss leader”, ovvero l’articolo civetta da smerciare al puro prezzo di costo e in alcuni casi anche in perdita. In secondo luogo egli affermò il principio del “basso prezzo”: l’obiettivo di Cullen era quello di rendere accessibile per la massa di tutto ciò che serve alla vita quotidiana, soddisfacendo le esigenze vitali al minimo prezzo possibile. Per il pubblico “King Kullen” era più che convenienza, significava cibo a prezzi abbordabili; in brevissimo tempo si conquistò la nomea di “il più grande demolitore di prezzi al mondo”.
Già nel 1936 i supermercati aperti dalla compagnia di Cullen erano 17, con un incasso medio annuo di 6 milioni di dollari. Nonostante la morte improvvisa di Michael Cullen , sei anni dopo l’apertura del primo supermercato, la catena “King Kullen” continuò a crescere ed espandersi. Intorno al 1940 il supermercato godeva di un’immagine quasi leggendaria in grado di offrire migliaia di prodotti, in locali accuratamente arredati e dotati di aria condizionata e di porte ad apertura automatica con parcheggi privati e con casse provviste di registratori elettrici.
A cura di Giuseppe Rodolico
Giuseppe Rodolico consulente enologo e food manager, export e import manager. Contatti winefoodrec@gmail.com